Orari insostenibili, umiliazione e paghe spicciole: la realtà che si nasconde dietro i ristoranti stellati è da non credere.
Entrare in un ristorante di lusso significa avvertire già nell’aria la perfezione che lo distingue. Precisione, qualità, autenticità: tutti elementi fondamentali per un locale di questo genere. Ma mentre al pubblico viene mostrato lo scenario più succulento, dietro le cucine stellate accade l’inimmaginabile.
Chi ama il settore gastronomico, è pronto a fare la gavetta pur di raggiungere livelli stimati. Tuttavia, una volta messo piede nelle cucine stellate, ad accogliere i dipendenti ci sono paghe minime (sempre se queste ci siano) e trattamenti a dir poco disumani.
Meno di 4 euro all’ora
A fare luce sulla realtà che si nasconde dietro le cucine di alta classe è Alex (nome di fantasia), 30enne che nella sua lunga carriera ha lavorato in due ristoranti stellati del nord-Italia. Davanti alla sua prima esperienza, gli è stato offerto “un contratto come aiuto cuoco: sulla carta part time 20 ore per 600 euro, ma mi hanno subito detto che l’orario sarebbe stato full time e che mi avrebbero dato altri 600 euro, però fuori busta”.
Allora accetta: alla fine, aveva anche l’alloggio, “una casetta di 30 metri quadri, due stanze in cui vivevamo in 5-6 persone, a un livello che definirei neanche studentesco. Però in casa non ci stavo mai se non per dormire”.
“Entravo alle 9 del mattino e finivo il primo turno alle 15.30, poi un’ora di pausa per riattaccare alle 16.30 fino a mezzanotte, arrivando a fare sei giorni su sette d’estate”, racconta Alex parlando quindi di 14 ore di lavoro al giorno per un totale di 84 ore alla settimana.
Dividendo 1200 euro per 336 ore, quel ristorante stellato lo pagava quindi meno di 3,6 euro all’ora. “Dopo tre mesi ho chiesto un aumento di 200 euro perché pensavo di meritarmeli: mi hanno detto di no”, afferma.
La seconda esperienza
Durante il colloquio con lo chef nel secondo ristorante, poi, “la prima cosa che mi ha detto è stata ‘Io qui ti sto dando un’opportunità’, per mettere subito in chiaro le cose. Mi ha offerto un inquadramento più alto, da aiuto cuoco a cuoco capo partita, però sempre part-time sulla carta e per lo stesso stipendio”.
Anche in questo caso lavorava 12 ore al giorno per 600 euro in busta e 600 fuori busta. Poi, dopo due mesi di lavoro in nero, “lo stipendio è passato a 1500 euro”.
Uno scenario di terrore e umiliazione
La pressione all’interno dei ristoranti stellati è altissima, in generale. Per gli ultimi che arrivano poi, la situazione peggiora. “Bisogna partire dal punto che, se sei l’ultimo arrivato, qualsiasi cosa tu faccia è sbagliata”.
Un contesto che ti schiaccia emotivamente: “È la mentalità della cucina ed è circolare: quando sali di livello, poi diventi tu quello che se la prende con chi è sotto di te, e così si autoalimenta questo circolo vizioso. Io ho visto letteralmente volare piatti e padelle“, racconta Alex.
“Conosco persone che, arrivate già magari al grado di sous chef, hanno mollato tutto e cambiato completamente lavoro, perché i sacrifici erano più grandi delle soddisfazioni e perché se non sei portato a reggere certi livelli di stress non ce la fai”, ricorda i vecchi tempi il 30enne.
Da non dimenticare la competizione: “Si vuole scavalcare gli altri: io ho visto con i miei occhi manomettere le preparazioni di altri colleghi per rovinarle. Di sano in cucina c’è poco“. Lui non avrebbe mai voluto diventare una persona del genere, che terrorizza l’ultimo arrivato, eppure “ora che sono chef mi rendo conto che lo faccio anche io. Sono diventato quello che non avrei mai voluto essere, perché la frustrazione ti porta a essere così”.